Album di guerra

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I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona

domenica 7 agosto 2011

Incroci della storia: dal campo di concentramento di Visco ad Osoppo

Slavenka con l'on. Violante

Morta l’internata
nel campo fascista

Domenica 7 Agosto 2011, Il Gazzettino
VISCO – Slavenka Ujdur, cavaliere della Repubblica, ex internata nel campo di concentramento fascista di Visco, se n’è andata da questo mondo a 88 anni (funerali martedì alle 17). Una vita lunga e laboriosa, con il segno del dolore, ma anche con la gioia di vedere tre figli, nipoti e parenti che le hanno voluto bene, e venerata fino all’ultimo. È deceduta assistita da loro, a Osoppo, nella sua abitazione, in mezzo ai campi, al bosco, alla natura che guarda alle rupi della fortezza. Era nata a Gradac, in Dalmazia, e a 17 anni, vittima dell’Italia fascista, in un dramma che aveva coinvolto tutta la famiglia, viene internata a Visco. Il paradosso della sua vita è stato che, sino alla fine degli Anni Novanta, pressoché nessuno le aveva creduto che quello fosse stato il luogo in cui la sua vita di ragazza era stata imbalsamata dietro il filo spinato. «Campi fascisti da noi? nazisti se mai, quelli sì, ma non di Italiani, quelli erano stati buoni in guerra». Quando comparve un ampio studio sul campo, le credettero. Nella ex caserma “Luigi Sbaiz” era stato il luogo del suo dolore. E lei ci tornò nel 2000, insieme con tanta gente italiana e slovena, con un incontro promosso dalla Associazione di Gorizia e di Salcano, “Concordia et Pax”. Lei venne con figli parenti, amici, e depose tre mazzi di rose rosse: uno nel campo, ancora intatto nel suo cuore logistico; uno nel cimitero sulla lapide dei 25 morti del campo, e uno in chiesa. Fiori per quelli che non erano tornati, e per pregare Dio che non venissero di nuovo tempi in cui il fascismo aveva fatto eclissare l’umanità. Slavenka ha sposato un italiano, un Venchiarutti di Osoppo, e i suoi figli (Albino è stato sindaco) parlano italiano, friulano e croato. Non ha mai odiato, nonostante sentisse sempre cocente l’ingiustizia e il sopruso.
      Ferruccio Tassin

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