Album di guerra

Album di guerra
I Partigiani del Battaglione "Prealpi" a Gemona

lunedì 1 aprile 2013

Il partigiano Brik


Anche "Brik", Bruno Costantini di Trasaghis (1923-2013), se ne è andato. La sua è stata una delle figure maggiormente significative del movimento partigiano nella Valle del Lago; egli  era rimasto uno degli ultimi rimasti capace di raccontare, con lucidità e obiettività, quell'esperienza di vita. Nel 2006 aveva accettato di raccontare alcune delle sue esperienze di guerra nel video, curato da Giacinto Jussa per l'AuserFVG "La memoria della Resistenza tra Arzino, Lago e Tagliamento"; altri episodi toccanti della sua esperienza di vita (soprattutto quelli dell'emigrazione, dalla Francia all'Algeria alla Germania) nel volume "Trasaghis storia e memoria"  del 1997.
Da questi materiali, e da tante altre conversazioni dirette, un sunto di quelle testimonianze (purtroppo incapace di renderne appieno l'importanza e il senso).


Le motivazioni dell'adesione alla Resistenza: 

Le ragioni di una scelta? La mia adesione al movimento partigiano è stata originata da puro patriottismo. Lo stesso motivo che mi aveva spinto, due anni prima, ad andare volontario, facendo undici mesi in zona di operazione.
Avevo vent'anni, dovevo scegliere. Avevo già maturato esperienza sufficiente per una scelta di libertà e ho quindi deciso che andando partigiano avrei seguito il mio istinto di patriottismo.

Nel Battaglione garibaldino "Matteotti", la partecipazione ad azioni di sabotaggio:

A Ospedaletto abbiamo attaccato più volte il cantiere: era vicino al tunnel della ferrovia. Lì facevano stampi e tutto il necessario per le imprese, c'erano le prime saldatrici elettriche, seghe per legni, piane… era pieno di laboratori. Abbiamo anche fatto saltare il treno, è stata una bella operazione. C'erano Furore, i nostri partigiani, i russi del Battaglione Stalin….
Con noi c'era anche un altro russo, specialista di esplosivi che confezionava in casa mia. Aveva messo in una cassetta di legno della polvere rossa con detonatore ed una leva per farla saltare. Con molta pazienza ha collocato la carica mentre io, a pochi metri,  tenevo sotto tiro la sentinella tedesca che passeggiava sul ponte. Poi ci siamo ritirati e quando eravamo in via Armentaressa (a Gemona) abbiamo sentito lo scoppio che ha fatto deragliare il treno merci. Si sentivano urla. La macchina era capovolta… 

La memoria del rastrellamento che portò alla cattura dei fratelli Feregotto:

Nel "borc das cjaras", da mia nonna, in una cameretta tenevo le armi. Un giorno mia nonna mi avvertì che sulla piazza c'erano i tedeschi e cominciò a nascondere le armi nel fieno. Oramai non si poteva fuggire. Sopra il gabinetto, il piccolo vano adibito a deposito della legna era vuoto e lì mi sono nascosto. Con il cuore in gola sentivo avvicinarsi il passo cadenzato dei tedeschi. Poi sentii mio nonno parlare con loro in tedesco (aveva lavorato all'estero e lo conosceva) e quindi ripartirono. Vennero catturati i fratelli Feragotto. Dei due, Remigio - classe 1913 - non aveva relazioni con i partigiani per cui non era scappato all'arrivo dei tedeschi. In casa sua trovarono due detonatori che usava per la pesca di frodo. Fu arrestato ma tentò la fuga. Alla sua guardia si inceppò il mitra, ma altri tedeschi che erano vicino alla farmacia lo hanno crivellato di colpi giù nel campo. Il fratello Italo - classe 1924 - si era fermato a parlare con delle ragazze nel borgo della chiesa. E' stato arrestato: nello zainetto aveva documenti compromettenti. Venne sequestrato un carrettino ad Anzula, commerciante di stoffe di Barcis, per trasportare Remigio che era ferito gravemente ma non morto e obbligarono il fratello a tirare il carretto. Non si sa poi nulla di loro. Si è sentito dire che sono morti a Mathausen.

L'assalto nazifascista alla Zona libera dell'ottobre '44:

Il primo attacco fu respinto. Presto però le nostre postazioni vennero individuate e sottoposte al mitragliamento con armi pesanti. Stavo sull'argine del Tagliamento di fronte al Bresul e all'osteria. Cominciarono a pioverci addosso proiettili di mortaio da ogni parte che hanno gettato tutti nel panico. Ci siamo ritirati sul Col del Sole attraverso la malga di Covria dove si poteva osservare tutto: nel cortile della mia casa vidi i cosacchi inseguire il maiale e fare razzie.


Dopo lo sfollamento, operò a Gemona, contribuendo alla costituzione del Battaglione "Carbonari". Nei giorni della Liberazione:

Nella stazione di Gemona, in un vagone tedesco, abbiamo trovato uno stock di divise bianche con le quali abbiamo potuto vestire tutto il Battaglione. Sono sceso poi passando davanti alla caserma della Milizia in via XX settembre (Gemona). Ero con mio cognato "Vasco" e sei giovani partigiani. Dal colle di Ospedaletto i tedeschi sparavano dalle casematte. Arrivò giù una raffica che ci mancò di poco. Mio cognato mi gridò di non rischiare la vita proprio negli ultimi giorni della guerra. Siamo andati a liberare Goi, l'impresario, la cui casa era sotto il fuoco nemico….


Le ultime azioni di guerra furono rivolte a individuare i nazifascisti che cercavano di fuggire cammuffandosi tra ex deportati:

Ero il responsabile del posto di blocco allestito dal Btg Carbonari sul Ponte di Braulins, verso Osoppo, nei giorni successivi alla strage di Avasinis.
L'arcata del ponte era stata fatta saltare nell'estate, i tedeschi avevano portato  delle travi in ferro per ripararlo. Abbiamo iniziato a controllare i prigionieri che scendevano dalla parte di Bordano e attraversavano il fiume...
C'era una mitraglia  pesante puntata sulla  prima arcata, verso Ospedaletto.
Facevamo l'ispezione e il riconoscimento dei sospetti. "Veniamo dal campo di concentramento", dicevano.  Chiedevamo informazioni, guardavamo le mani... si capiva se uno veniva dalla prigionia o no... 
Individuati i sospetti fra i prigionieri, si guardavano loro le mani, chi non le aveva da lavoro veniva messo da parte Sono stati  individuati 7-8 sospetti  che sono stati messi su un carretto russo, trascinato da due cavalli.
Siamo andati a dormire in una stalla  in Godo; i prigionieri erano legati con le mani ma in 6 potevano rappresentare un pericolo e bisognava sorvegliarli...
L'indomani sono stati portati al comando. Io sono andato via per altre missioni e quando sono tornato non c'erano più... 


Poi, come detto, tanti anni di emigrazione, soprattutto in Francia, accanto alla moglie Santina e ai figli. Negli ultimi anni, una salda e dignitosa testimonianza di vita nel paese natale. A chi lo definiva "ex partigiano" ribatteva fiero: "Ma che ex, certe scelte si mantengono per tutta la vita!".
                                                           
                                                                                                  Pieri Stefanutti

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